Nel dialetto, o meglio, nella lingua Veneta Cavedon significa “Sbarramento”, chiusa, sostegno. E’ una costruzione fatta di terriccio, melma, alghe, erbacce ed altro che ha lo scopo di sbarrare il flusso di un corso d’acqua.
In Polesine molte località vengono così denominate, a me piace quella del bacino del Bresega, alle porte di Rovigo, in Val Mozzata, per chi è del posto al “Tornante di via Spola”.
Fino a quando sciaguratamente in Polesine furono dismesse tutte le stalle, dalla zona partivano degli “anzianotti” con “el pignatin” pien de latte per gli abitanti di San Bortolo (quartiere di Rovigo). Dalle stalle le mucche soddisfacevano alle esigenze alimentari delle famiglie prima dell’avvento dei supermercati (mattino e sera il pasto era latte e panbiscotto).
Ma veniamo alla località.
Che Cavedon c’era in Val Mozzata?
Dalle carte del XVIII secolo l’area era piena di maceri per la lavorazione della canapa.
Poco più ad ovest scorre l’Adigetto che occupò le acque dell’antico Tartaro.
Ad est vi è il centro di Buso (l’Antica Buxtum di epoca romana?).
Una delle corti vicino a quella di Cavedon si chiama ancora “Lazzaretto” a testimoniare il ricordo di antiche pestilenze.
La strada di campagna che solca la zona è molto simile ad un traversagno, che in fondo è uno sbarramento, un cavedon più lungo.
Molto probabilmente, quando furono liberate le acque dell’Adige verso valle la zona divenne un acquitrino e venne delimitata confinando i terreni più bassi (la Valle) limitandone (mozzandone) il deflusso: Il Cavedon della Val Mozzata.
Adesso andiamo a Sant’Apollinare al Santa Fè, hanno dell’ottima birra e molte pietanze sfiziose.
Alla prossima.
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